In uno sperduto villaggio italiano del XV secolo, il neonato Marcellino viene trovato da alcuni frati, che decidono di prendersene cura. Dopo un primo momento in cui si cerca di trovare al piccolo una famiglia, il bimbo viene accolto nel convento e lì cresce sereno, pur sentendo la mancanza di una madre. All'età di sei anni, Marcellino (Nicolò Paolucci) diventa il figlio adottivo di un conte (Bernard-Pierre Donnadieu), ma rimpiange la vita tra i frati e scappa.

Ultimo film realizzato da Luigi Comencini, con il supporto della figlia Francesca, Marcellino pane e vivono è il remake del celebre lungometraggio omonimo (1955) di Ladislao Vajda. Rispetto al lavoro originale, dove l'ingenuità veniva giustificata da un certo spirito naïf e bonario, la pellicola di Comencini manca di un mordente capace di tenere insieme l'esile trama che, in più di qualche punto, non solo vacilla, ma si sgretola sotto i piedi di una regia stanca e logora. Un bolso rifacimento di cui non si sentiva il bisogno, che prova ad aggiornare in maniera maldestra un caposaldo della cinematografia adolescenziale. Una storia legata a un immaginario molto datato che, riproposto negli anni '90, non può che risultare anacronistico.
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