L'ingorgo
Durata
128
Formato
Regista
Un enorme ingorgo getta nel caos il Grande Raccordo Anulare di Roma: all'interno delle centinaia di veicoli coinvolti, si intrecciano stravaganze, amori e drammi surreali che coinvolgono la lussuosa auto di un viscido avvocato, una numerosa e animata famiglia napoletana, un fuoristrada guidata da tre ragazzi borghesi, due coppie in crisi, una femminista, un'ambulanza, un divo del cinema e molte altre piccole grandi storie.
Surreale affresco corale dallo spirito apocalittico, il film, liberamente ispirato al racconto L'autostrada del Sud di Julio Cortázar, mostra con affilato sarcasmo come si regredisca a una condizione animalesca e si mostri il peggio di sé nelle situazioni di tensione e di convivenza forzata (violenza incontrollata, legge del più forte, pulsioni sessuali, cinismo). I personaggi, pur rifacendosi a canonici stereotipi sociali, acquisiscono una inconsueta drammaticità in una dimensione allucinata che esaspera ogni singolo gesto e rende mostruosamente reale una situazione percepita come fantastica. Il pessimismo di fondo è anche lo specchio di un contesto socio-culturale e politico (quello della fine degli anni '70) segnato da tumulti giovanili e insofferenza. Ma, qua e là, si affaccia un barlume di speranza. Non sempre risolta, rimane una pellicola ambiziosa e adulta, slegata al suo interno nel tentativo di dare continuità alle micro storie, ma di alto valore concettuale nel proporsi come un ritratto brutto, sporco e cattivo di un'Italia sull'orlo del precipizio. Consigliato ai fan di Ferreri. Sceneggiatura di Comencini, Ruggero Maccari e Bernardo Zapponi. Interamente girato negli studi di Cinecittà. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
Surreale affresco corale dallo spirito apocalittico, il film, liberamente ispirato al racconto L'autostrada del Sud di Julio Cortázar, mostra con affilato sarcasmo come si regredisca a una condizione animalesca e si mostri il peggio di sé nelle situazioni di tensione e di convivenza forzata (violenza incontrollata, legge del più forte, pulsioni sessuali, cinismo). I personaggi, pur rifacendosi a canonici stereotipi sociali, acquisiscono una inconsueta drammaticità in una dimensione allucinata che esaspera ogni singolo gesto e rende mostruosamente reale una situazione percepita come fantastica. Il pessimismo di fondo è anche lo specchio di un contesto socio-culturale e politico (quello della fine degli anni '70) segnato da tumulti giovanili e insofferenza. Ma, qua e là, si affaccia un barlume di speranza. Non sempre risolta, rimane una pellicola ambiziosa e adulta, slegata al suo interno nel tentativo di dare continuità alle micro storie, ma di alto valore concettuale nel proporsi come un ritratto brutto, sporco e cattivo di un'Italia sull'orlo del precipizio. Consigliato ai fan di Ferreri. Sceneggiatura di Comencini, Ruggero Maccari e Bernardo Zapponi. Interamente girato negli studi di Cinecittà. Presentato in concorso al Festival di Cannes.