Dopo aver scontato la sua condanna in una prigione di Macao, Michael (Ching Wan Lau) riallaccia i rapporti con alcuni vecchi amici per recuperare i propri crediti e ricominciare una nuova vita. Si trasferisce temporaneamente in un piccolo albergo gestito da una vedova e madre di un bambino, ma la polizia sembra intenzionata a mettergli i bastoni tra le ruote.

Dopo l'ottimo A Hero Never Dies (1998), Johnnie To dirige un film (piccolo solo in apparenza) nella peculiare cornice di Macao. Lontano dagli accattivanti protagonisti di Running Out of Time (1999) e dai gangster di The Mission (1999) – gli altri due lungometraggi firmati dal regista nello stesso anno – Where a Good Man Goes ci presenta un personaggio negativo fin dai primi minuti, desideroso di cambiare vita ma incapace di rinunciare alle cattive abitudini e alle sue più basse pulsioni. Diviso tra la compassionevole Judy (Ruby Wong) e il detestabile poliziotto Karl (Suet Lam), Michael affronta un accidentato percorso verso la salvezza personale che Johnnie To conduce con decisione anche grazie all'apporto in fase di sceneggiatura dell'inseparabile Wai Ka-Fai, tratteggiando una storia di redenzione (solo in parte vittima di alcuni cliché) che non rinuncia a momenti violenti alternandoli, con equilibrio, ad altri delicati ed intimi. Vero è che il regista di Hong Kong si trova maggiormente a suo agio su schemi di genere molto meglio definiti (il noir, in particolare) ma anche le variazioni, in buona parte dei casi, gli riescono piuttosto bene.
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