Ann (Carol Lynley), giovane madre da poco trasferitasi a Londra dagli Stati Uniti, non riesce più a trovare sua figlia Bunny: la piccola sembra scomparsa nel nulla e nessuno ricorda di averla vista. Si occuperà delle indagini l'ispettore Newhouse (Laurence Olivier), che viene malvisto dal fratello di Ann, Steven (Keir Dullea). Ogni pista porta a un vicolo cieco, tanto che l'ispettore inizia ad avere dei dubbi sulla reale esistenza della bambina.

Aperto dagli splendidi titoli di testa di Saul Bass, è l'ultimo film importante che Otto Preminger ha diretto in carriera. Dopo una serie di kolossal piuttosto mediocri (Il cardinale del 1963 e Prima vittoria del 1965), il regista austriaco torna a firmare una pellicola, in apparenza più “piccola”, slegata da importanti eventi storici o da ambizioni drammaturgiche troppo elevate: Bunny Lake è scomparsa è una sorta di ritorno alle origini per Preminger, un lungometraggio in bianco e nero dai toni oscuri simili a quelli che il regista metteva in scena nei suoi noir (Vertigine del 1944, in primis) d'inizio carriera. La trama gialla ha echi hitchcockiani, e l'ambiguità di fondo alimenta la forte dose di suspence sapientemente dosata dall'autore: come in molti suoi lavori precedenti, Preminger scava a fondo nella psicologia femminile e, in questo caso, nel rapporto morboso che si è creato tra Ann e il fratello Steven. Buon cast ed elegante fotografia di Denys N. Coop. Cameo del drammaturgo Noël Coward. Tratto da un romanzo di Evelyn Piper.
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