Alla morte del capufficio della ditta Pasquetti (Luigi Pavese), i due impiegati più anziani, i ragionieri Antonio Guardalavecchia (Totò) e Giuseppe Colabona (Peppino De Filippo), si scontrano con tutti i mezzi possibili per ottenerne il posto e ingraziarsi l'ispettor Rossi (Aroldo Tieri), incaricato della decisione.

Chi si ferma è perduto è il primo dei cinque film che Corbucci girerà con Totò, ed anche il più debole della cinquina. Uno dei fattori che concorrono allo scarso mordente della pellicola è certamente l'impianto di base, fondato sulla contrapposizione tra Totò e Peppino, che sinora invece avevano dato il loro meglio proprio spalleggiandosi a vicenda e facendo forza comune contro una realtà a loro incomprensibile. Il resto lo fa una sceneggiatura che viaggia su binari sin troppo consolidati, che rimpasta gag e giochi d'equivoci che sanno di già visto, che vanificano anche l'apporto di caratteristi e comprimari di razza come Pavese, Tieri e la sempre perfetta Lia Zoppelli (purtroppo qui relegata, insieme a un Totò sbiadito, in una parodica sequenza della celebre scena del balcone di shakespeariana memoria).
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