Patrizia (Monica Guerritore), proprietaria di un'azienda di moda, abbandona la carriera per occuparsi del fratello adolescente Emilio (Lorenzo Lena), rimasto solo dopo la morte dell'anziana governante. Le iniziali incomprensioni lasceranno spazio a un rapporto perverso e incestuoso.

Salvatore Samperi, sulla scia del suo film d'esordio Grazie zia (1968), persevera nella rappresentazione della famiglia disfunzionale. Ma le coordinate storiche, dai tempi della contestazione, sono cambiate e il giochino mostra la corda: le morbosità sessuali risultano troppo parlate e poco esibite, alcuni monologhi sfiorano il ridicolo (la riflessione sulle mestruazioni come simbolo di sporcizia interiore), gli approfondimenti psicologici sono praticamente nulli e gli interpreti non si dimostrano all'altezza (Lorenzo Lena, nei panni dell'ambiguo e prevaricatore Emilio, convince poco). Monica Guerritore si spoglia abbondantemente ma non eccita granché. Assurdi gli stacchi simbolici sul volto della protagonista, didascalico riferimento al titolo. Sceneggiato da Samperi con Edith Bruck e Riccardo Ghione. Musiche di Fred Bongusto.
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