Alexandr Sokurov lavora nel suo studio al suo nuovo film Francofonia. Mentre l'Europa è divisa dalla Seconda guerra mondiale, il direttore del Louvre Jacques Jaujard (Louis-Do de Lencquesaing) e il gerarca nazista Wolff Metternich (Benjamin Utzerath) da nemici si trasformano in collaboratori. Ad unirli il medesimo scopo: salvare le opere d'arte dalla furia distruttiva della guerra.

Sokurov adotta uno sperimentalismo decisamente radicale, alternando girato e immagini di repertorio, per indagare il rapporto tra arte e potere, assumendo il Louvre (al cui interno il regista ha girato numerose scene) come emblema di un tesoro da preservare: la cultura in tutte le sue forme. Unendo dunque inserti cinematografici, pittorici e fotografici, il grande cineasta russo costruisce un'elegia visiva, un elogio dell'arte e della creatività come valori universali capaci di rendere la vita degna di essere vissuta, come strumenti di decodifica del mondo, come più alte manifestazioni del pensiero umano da custodire e preservare dalle idiozie e dalle megalomanie del potere, incarnato idealmente da due personaggi come Hitler e Napoleone (Vincent Nemeth). Proseguendo il percorso intellettuale già avviato in Arca russa (2002), Sokurov riflette su un'Europa che sta progressivamente smarrendo la propria identità in quanto incapace di valorizzare al meglio il proprio patrimonio artistico, facendosi al contrario fagocitare da un sistema di valori che premia il cinismo, la superficialità e l'individualismo. Quindi, Sokurov mette in luce il rapporto tra Jaujard e Metternich non per denunciare il collaborazionismo francese in epoca di occupazione nazista (come è stato pretestuosamente fatto notare), ma per sottolineare la necessità di uno spirito di cooperazione in nome di un ideale più grande: la conservazione di capolavori che custodiscono il senso profondo dell'essere europei e dell'essere umani. Ne risulta un appassionato atto d'amore verso l'arte come valore irrinunciabile e unico strumento di sopravvivenza dinnanzi agli orrori del passato, del presente e del futuro che derivano dal fanatismo e dalla mancanza di curiosità. Il regista sottolinea la necessità per ciascun individuo di sfidare l'apatia e la futilità, mettendo in gioco se stessi, cosa che Sokurov fa in prima persona, riprendendo se stesso mentre pensa al film che sta costruendo. Ostica e affascinante, complessa e stimolante, un'opera profondamente umanista, che forse soffre di un pizzico di manierismo pur rimanendo un'esperienza visiva e intellettuale da non perdere.
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