Director's Diary
Durata
305
Formato
Regista
1957-1990. 33 anni di storia della Unione Sovietica raccontati attraverso un enorme montaggio di materiale di repertorio, costituito prevalentemente da filmati di propaganda. A trasformare il film in ipertesto, la continua apposizione di note scritte, sovrapposte alle immagini, che le raccordano agli eventi, piccoli e grandi, accaduti in contemporanea nel resto del mondo.
Oggetto cinematografico tanto affascinante quanto ingestibile, il cine-diario del grande autore russo Aleksandr Sokurov è una timeline audiovisiva di cinque ore che ripercorre un trentennio cruciale di storia sovietica. Dalla segreteria di Nikita Chruščëv a quella di Michail Gorbačëv, il film si dipana con un taglio da atlante illustrato in un continuo (e implicito) dialogo tra le immagini di storia interna sovietica, spesso ripetitive e retoriche, e il grande fuori campo della storia mondiale, una prospettiva “negata” a cui con sguardo cosmopolita Sokurov si richiama continuamente. Alcune delle centinaia di annotazioni storiche di eventi che il regista ritiene degni di essere menzionati sono davvero sorprendenti: oltre a snodi o momenti importanti della vita culturale europea, come pubblicazioni letterarie, fatti politici o attribuzione di riconoscimenti, non mancano inattese attenzioni pop, come quelle riservate a Freddie Mercury, Lo squalo di Steven Spielberg o Leonardo DiCaprio. Nel susseguirsi di ritratti dei segretari del Partito si può leggere poi un ritorno a quella riflessione sul potere e sugli uomini che lo hanno incarnato in modo assoluto, centrale nell’opera del regista a partire dai ritratti della trilogia composta dai film Moloch (1999) su Adolf Hitler, Toro (2001) su Lenin e Il Sole (2005) sull’imperatore Hirohito. Nei passaggi tra un anno e l’altro Sokurov stesso, riconoscibile silhouette di ombra all’interno del suo studio, affida alla sua grafia pensieri e riflessioni personali molto sintetiche, quasi degli haiku che si pongono come precipitato del suo pensiero. A trasparire in controluce c’è il sentimento di un regista ormai da anni esule spirituale nella sua stessa patria, luogo in cui si sente sempre più estraneo da quando la Russia ha reciso i legami storici con il suo passato e con la cultura occidentale. Disseminati dentro una visione fluviale e così impegnativa per lo spettatore, alcuni momenti di distensione arrivano con splendide canzoni della tradizione musicale russa. Presentato Fuori Concorso a Venezia.