Honkytonk Man
Honkytonk Man
Durata
122
Formato
Regista
Durante la Grande Depressione, l'artista country Red Stovall (Clint Eastwood), alcolizzato e malato di tubercolosi, si mette in viaggio con il giovane nipote Whit (Kyle Eastwood) e il nonno di lui (John McIntire): la destinazione è il Grand Ole Opry di Nashville, dove lo aspetta un'audizione che potrebbe finalmente dare una svolta alla sua carriera.
Dal romanzo di Clancy Carlile, anche autore della sceneggiatura, uno dei lavori più belli e poetici diretti da Clint Eastwood prima della “svolta” degli anni '90, opposto e complementare all'altra opera-chiave del decennio, Bird (1988, film notturno e metropolitano quanto questo è solare e polveroso). Prima dell'amara parabola jazz di Charlie Parker, il regista va alla scoperta del sound dell'America bianca, attraverso la figura (fittizia) di un antieroe virile e romantico, che nella musica consuma se stesso fino all'autodistruzione. Tempi perfetti, ottima ricostruzione d'epoca e parecchio humour in questa elegia tragicomica di un'America genuina e vitale. Da non trascurare l'importanza di altri due elementi: la nostalgia di un'epoca ancora precedente che si illude di essere stata mitica (il West evocato nei ricordi del nonno) e il bildungsroman dell'adolescente Whit, che trova in Red un surrogato paterno: il fatto che il giovane attore sia interpretato dal vero figlio di Eastwood sottolinea questo legame simbolico. Notevole la colonna sonora: il regista-attore se la cava egregiamente anche come cantante.
Dal romanzo di Clancy Carlile, anche autore della sceneggiatura, uno dei lavori più belli e poetici diretti da Clint Eastwood prima della “svolta” degli anni '90, opposto e complementare all'altra opera-chiave del decennio, Bird (1988, film notturno e metropolitano quanto questo è solare e polveroso). Prima dell'amara parabola jazz di Charlie Parker, il regista va alla scoperta del sound dell'America bianca, attraverso la figura (fittizia) di un antieroe virile e romantico, che nella musica consuma se stesso fino all'autodistruzione. Tempi perfetti, ottima ricostruzione d'epoca e parecchio humour in questa elegia tragicomica di un'America genuina e vitale. Da non trascurare l'importanza di altri due elementi: la nostalgia di un'epoca ancora precedente che si illude di essere stata mitica (il West evocato nei ricordi del nonno) e il bildungsroman dell'adolescente Whit, che trova in Red un surrogato paterno: il fatto che il giovane attore sia interpretato dal vero figlio di Eastwood sottolinea questo legame simbolico. Notevole la colonna sonora: il regista-attore se la cava egregiamente anche come cantante.