Maria Enders (Juliette Binoche) è un'attrice dai trascorsi gloriosi e ha una brillante assistente, Valentine (Kristen Stewart), che ne gestisce l'immagine e gli impegni. Un'interprete più giovane di lei (Chloë Grace Moretz) ottiene però la parte che le aveva donato fama a suo tempo, e Maria entra in crisi.

Stupisce come il cinema di Olivier Assayas si sia spogliato negli anni di qualsiasi orpello, per abbracciare una limpidezza assoluta e sempre più nitida, perfettamente in linea con una profondità capace di sporcarsi le mani, in questo caso, anche con le complesse ramificazioni del mondo contemporaneo. La leggerezza di Assayas sembra senza peso, come le nuvole che attraversano il passo del Maloja in un bellissimo passaggio figurativo del film, ma possiede una consistenza tutta sua, concretissima e necessaria. Sils Maria è un film che riflette sul conflitto generazionale, palesemente e banalmente ma, come in tutti i più recenti lavori di Assayas, non può fare a meno di attribuire alla temporalità e alle sue illusioni voraci (la fama, la velocità delle comunicazioni odierne) uno spazio di primissimo piano, meno banale e più prominente. Ciò che è stato, e ciò che è, dibattono dentro il film determinando rancori e sparizioni, dialoghi raffinatamente cesellati e sequenze d'impatto. L'ultima inquadratura, e in generale tutta l'ultima scena, certificano l'irreversibilità del passaggio di testimone più importante: nel futuro, piaccia o no, ci sarà sempre meno spazio per le sfumature.
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