I figli Frédéric (Charles Berling), Adrienne (Juliette Binoche) e Jérémie (Jérémie Renier) sono immersi nei festeggiamenti per i settancinque anni della madre Hélène (Edith Scob), una donna forte ed elegante che ha consacrato tutta la sua esistenza allo zio, il pittore Paul Berthier.

Olivier Assayas ha spesso posto, al centro della sua poetica, il tempo e le sue implicazioni, lavorando sulla nostalgia e sul rimpianto in modo stimolante e non banale, analizzandone l'origine e le ricadute. Ne L'heure d'été tale aspetto è sviluppato in maniera impeccabile e fascinosa, con una narrazione avvolgente e sfaccettata, che concede il giusto spazio a una cura formale densa di significato, e che prende corpo attraverso le riflessioni legate al passato come luogo depositario della memoria, come archivio denso di sollecitazioni. Sorprende come il regista abbia dato vita a tutti questi aspetti squisitamente teorici attraverso gli oggetti presenti sulla scena, che sono molto più di semplici ammennicoli, in quanto si fanno veicoli di una testimonianza fondamentale, non più abdicabile a vantaggio (o a svantaggio) di generazioni future. Costola di un progetto che avrebbe dovuto vedere impegnati altri tre registi (Raoul Ruiz, Jim Jarmusch, Hou Hsiao-hsien) per celebrare il ventennale del Musée d'Orsay con quattro cortometraggi.
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