Léon

New York. La piccola Mathilda (Natalie Portman), testimone del brutale sterminio della propria famiglia durante un regolamento di conti, viene salvata per un soffio dal suo taciturno vicino di pianerottolo, Léon (Jean Reno). L'uomo è in realtà un sicario che, non senza qualche iniziale riluttanza, accoglie con sé Mathilda, accettando di insegnarle il losco mestiere. Per la ragazzina diventerà una figura di riferimento.

Thriller ad alto contenuto di violenza, carico di sentimento e di una sottile ma pulsante vena di erotismo proibito, Léon è uno degli apici della carriera discontinua e spesso deludente di Besson. Bilanciando sequenze adrenaliniche ad alto tasso di piombo e sangue (l'inizio e il pre-finale) a momenti di tenerezza ambigua e irresistibile tra i due protagonisti, il regista, partendo da un proprio soggetto, costruisce una sorta di graphic novel cinematografica, una favola splatter il cui romanticismo inespresso, a causa del divario anagrafico tra Léon e Mathilda, diventa l'ingrediente fondamentale, pruriginoso e struggente allo stesso tempo. A un Reno in stato di grazia, spietato killer e impacciato tutore-innamorato della precoce adolescente, fa da perfetto contraltare la ninfetta Portman, al suo esordio, lolita bambinesca e seducente decisa a vendicarsi a tutti i costi. Completa il quadro un perverso, esagitato, psicotico Gary Oldman nel ruolo del poliziotto drogato e corrotto Stansfield, uno dei villain più riusciti nella nutrita galleria dell'attore inglese. Racconto di formazione nera intriso di sangue e sentimenti, dove la ricerca della figura paterna si confonde con quella del principe azzurro nella complicata fase che vede l'infanzia trasformarsi in pubertà, Léon è una pellicola che non si dimentica, contrassegnata da ottimo ritmo e da una notevole cura formale. Da antologia le sequenze in cui il killer svela i segreti del suo mestiere alla ragazzina. Grande successo commerciale e buona fortuna critica.