Il racconto di Bombay
Bombay Talkie
Durata
112
Formato
Regista
Lucia (Jennifer Kendal), scrittrice britannica in viaggio a Bombay per formulare un'opera sul cinema bollywoodiano, s'innamora perdutamente della stella del cinema Vikram (Shashi Kapoor). Lui è già sposato, mentre Lucia attira le attenzioni dello sceneggiatore Hari (Zia Mohyeddin).
Kendal-Kapoor, coppia nella vita reale e cinematograficamente vicini a Ivory-Merchant (lui era già stato protagonista dei primi due film di fiction della premiata ditta), sono le stelline indiscusse di questo scialbo dramma da rotocalco, nettamente inferiore all'ingenuo candore delle prime opere indiane di Ivory (soprattutto Il capofamiglia, 1963) e più orientato a condensare la sbandata di una protagonista occidentale nei confronti di un uomo indiano sposato e di una cultura straniera che intende sviscerare, indagare e analizzare. Il conflitto, tuttavia, non è icastico come in Shakespeare Wallah del 1965, né (auto)ironico come in Soltanto se tu vuoi, del 1969: qui gli stereotipi si intrecciano senza continuità a una retorica dei sentimenti poco digeribile. Al di là del buon lavoro degli attori (compresi i comprimari), e dell'ineccepibile direzione della fotografia di Subrata Mitra, resta ben poco.
Kendal-Kapoor, coppia nella vita reale e cinematograficamente vicini a Ivory-Merchant (lui era già stato protagonista dei primi due film di fiction della premiata ditta), sono le stelline indiscusse di questo scialbo dramma da rotocalco, nettamente inferiore all'ingenuo candore delle prime opere indiane di Ivory (soprattutto Il capofamiglia, 1963) e più orientato a condensare la sbandata di una protagonista occidentale nei confronti di un uomo indiano sposato e di una cultura straniera che intende sviscerare, indagare e analizzare. Il conflitto, tuttavia, non è icastico come in Shakespeare Wallah del 1965, né (auto)ironico come in Soltanto se tu vuoi, del 1969: qui gli stereotipi si intrecciano senza continuità a una retorica dei sentimenti poco digeribile. Al di là del buon lavoro degli attori (compresi i comprimari), e dell'ineccepibile direzione della fotografia di Subrata Mitra, resta ben poco.