Il diario di una cameriera

Célestine (Paulette Goddard) è una cameriera stanca di obbedire agli ordini dei suoi padroni. Trovata occupazione nel castello dei Lanlaire, decadente famiglia dell'alta aristocrazia, decide di tentare la scalata sociale. Le basta sposare un uomo ricco, rinunciando anche a trovare l'amore della sua vita.

Ci sono molti aspetti da rivalutare in questo titolo del periodo americano di Jean Renoir. Frutto di una coincidenza di eventi piuttosto singolare, fu prodotto dalla Camden Production, Inc., piccola società formata da Burgess Meredith, dalla Goddard e da Renoir stesso. La circostanza concesse al regista francese la massima libertà espressiva, pur nella limitatezza di mezzi. Adattando il popolare romanzo di Octave Mirbeau, Renoir mette a fuoco una memorabile galleria di personaggi, anche grazie a interpretazioni che toccano svariati registri espressivi. In una messa in scena che accentua in ogni tratto, dalle luci alle scenografie, il suo statuto di finzione, Renoir compone l'affresco di uno spietato scontro di classe travestito da romanzo d'appendice. Forse anche per compiacere i gusti del pubblico americano, Renoir introduce tuttavia un lieto fine assente in Mirbeau, che alleggerisce il tono della pellicola e la risolve in chiave romantica. Rispetto alla seconda trasposizione sul grande schermo del romanzo, il più celebre Il diario di una cameriera (1964) di Luis Buñuel, è comunque nel complesso molto più fedele alla fonte letteraria, oltre che decisamente più casto.