Ritratto della persona ma soprattutto della dottrina del filosofo calabrese Tommaso Campanella (Giulio Brogi). Rinchiuso in attesa di un ennesimo processo da parte della Chiesa, decide di fingere la pazzia per non finire al rogo. Intanto la sua parola fa proseliti, grazie alla voce di un anonimo monaco (Umberto Spadaro) che spiega l'utopia di Campanella a un discepolo (Daniell Sherrill) forse tentato di passare all'azione.

Parte di una serie di opere di “televisione sperimentale” volute dalla Rai, come il precedente La fine del gioco, l'opera di Amelio prende titolo e spunto dal libro in cui il filosofo protagonista vagheggiava di una città ideale abitata da uomini giusti e uguali tra loro, capaci però di fare la guerra se minacciati per liberare dall'oppressione altri popoli. Spesso accusato dai critici di anteporre la forma alla sostanza, il limite del film va invece ricercato più alla radice, in un progetto encomiabile ma sbagliato. La volontà di tentare una “filosofia filmata”, con presumibili intenti divulgativi, naufraga in una pellicola verbosa e noiosa in cui la stilizzazione (anche di scenografie e costumi) rischia di passare per frettolosità d'allestimento. Interessante solo come vestigia di una stagione forse irripetibile di scommesse della televisione pubblica italiana.


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