In cerca di un appartamento da affittare, Alex (Federico Pacifici) ne trova uno libero perché il precedente inquilino, un attore, si è suicidato lasciando nella casa i suoi cimeli. Dall'unica finestra che dà sul cortile interno, può osservare i locali di fronte: qui si muove, sempre più misteriosamente, una ragazza (Fausta Avelli) che forse è reale, forse un fantasma o frutto dell'immaginazione di Alex che, a poco a poco, cade nella psicosi.

Omaggio di Amelio ai thriller di Polanski, Lang e Hitchcock, il film fu realizzato insieme al successivo Effetti speciali per farne due puntate della serie televisiva L'ultima scena con l'esplicito intento di produrre cinema “di genere” anche in Italia. Benché Amelio giudichi non riuscito l'esperimento nel suo complesso e ammetta che all'epoca non aveva la competenza necessaria, la pellicola nel complesso non è priva di meriti. La sceneggiatura (dello stesso regista e di Domenico Rafele, come già in La fine del gioco) è talmente coerente nel suo continuo omaggio e rimando ai classici da meritarsi ammirazione per come, genuinamente e senza pretese, dichiara i propri debiti. E la citazione della celeberrima frase di Jean Cocteau per il quale «Il cinema è la morte al lavoro sugli attori» è quanto mai adatta per questo meccanismo impersonale, rielaborato da materiali eterogenei che non lascia scampo fin dal principio al protagonista, il cui destino è inevitabile. Al festival di Locarno vinse il premio Fipresci.


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