Berlino. Nel bordello di Kitty (Ingrid Thulin) si sfogano, durante gli anni del nazismo, soldati e ufficiali. Uno di questi ultimi, Helmut Wallenberg (Helmut Berger), in pieno delirio d'ambizione e assetato di potere, fa installare in ogni stanza dei microfoni, in modo da recepire malcontenti e lamentele e ricattare i poteri forti, arrivando egli stesso al comando.

Libera trasposizione dell'omonimo romanzo di Peter Norden, è uno dei due o tre film potabili firmati da un Tinto Brass non ancora obnubilato in toto dall'eccitamento pecoreccio che, da La chiave (1983) in poi, avrebbe contraddistinto la sua intera produzione. Attenzione: il film, coraggiosa girandola di generi, è erotico a tutti gli effetti, ma c'è una ricerca che lo lega curiosamente a opere a loro modo sovversive come La vacanza (1971) o L'urlo (1968). Nazi-sadismo e contraddizioni si mescolano in un lungometraggio sterile, goffamente provocatorio e debole dal punto di vista strutturale ma di fattura e confezione impeccabili, che riesce a essere geometrico e morbido in egual misura, grazie alla fotografia di Silvano Ippoliti e alle scenografie di Ken Adam. Meritano una menzione speciale l'interpretazione di Ingrid Thulin e la bellezza di Theresa Ann Savoy. Helmut Berger, sulla scia del magnetismo di viscontiana memoria, si impegna senza ottenere grandi risultati. Buon successo di pubblico. Vietato ai minori di 18 anni.
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