Suzanne Simonin, la religiosa
La religieuse
Durata
135
Formato
Regista
Suzanne (Anna Karina) viene costretta dalla famiglia a prendere i voti religiosi e a farsi suora. La ragazza però incappa in una sequela di situazioni spiacevoli e la sua esistenza non trova davvero pace. Un destino crudele e avverso che spingerà la sua vicenda verso un finale inevitabilmente tragico.
A partire dal testo dell'illuminista Denis Diderot che aveva già portato sul palcoscenico, Jacques Rivette mette in scena le molteplici, miserrime vicissitudini di una donna indotta con la forza a intraprendere una vita che non sente come sua e che la porta a essere rifiutata, ma anche a ricevere vessazioni e accuse incredibilmente ingiuste. Il regista è lucido e rigoroso nel trasporre il romanzo dello scrittore francese, inattaccabile tanto sotto il profilo formale quanto su quello etico-morale. I procedimenti stilistici adottati da Rivette rispecchiano fedelmente e molto da vicino la matrice intellettuale giansenista della pagina scritta, ma al contempo, proprio come Diderot, il regista non si sottrae dal rivolgere un netto j'accuse alle catastrofi umane che l'ipocrisia di una cultura religiosa deteriore può causare. Il film possiede una sua austera bellezza ma è anche diseguale e spesso si ripiega su se stesso, rinsecchendo la propria forza e perdendosi in qualche momento di stanca. Presentato in concorso al Festival di Cannes, ebbe molto successo ma fu anche uno scandalo, tanto da attirare su di sé anatemi, indignazioni e pesanti censure che ne compromisero la circolazione per molti anni.
A partire dal testo dell'illuminista Denis Diderot che aveva già portato sul palcoscenico, Jacques Rivette mette in scena le molteplici, miserrime vicissitudini di una donna indotta con la forza a intraprendere una vita che non sente come sua e che la porta a essere rifiutata, ma anche a ricevere vessazioni e accuse incredibilmente ingiuste. Il regista è lucido e rigoroso nel trasporre il romanzo dello scrittore francese, inattaccabile tanto sotto il profilo formale quanto su quello etico-morale. I procedimenti stilistici adottati da Rivette rispecchiano fedelmente e molto da vicino la matrice intellettuale giansenista della pagina scritta, ma al contempo, proprio come Diderot, il regista non si sottrae dal rivolgere un netto j'accuse alle catastrofi umane che l'ipocrisia di una cultura religiosa deteriore può causare. Il film possiede una sua austera bellezza ma è anche diseguale e spesso si ripiega su se stesso, rinsecchendo la propria forza e perdendosi in qualche momento di stanca. Presentato in concorso al Festival di Cannes, ebbe molto successo ma fu anche uno scandalo, tanto da attirare su di sé anatemi, indignazioni e pesanti censure che ne compromisero la circolazione per molti anni.