Seconda guerra mondiale. Il conflitto sta volgendo al termine e la sconfitta dei tedeschi è vicina. Tuttavia, i nazisti stanno lavorando alla bomba nucleare, e devono essere assolutamente fermati. Un professore di fisica (Gary Cooper) viene dunque paracadutato in Europa per scoprire se le ricerche sull'atomo dei tedeschi sono più o meno avanzate di quelle americane.

Girato appena dopo la fine della guerra, Maschere e pugnali è l'ultimo dei quattro film di “quasi-propaganda alleata” che Fritz Lang diresse negli anni '40 (gli altri sono Duello mortale del 1941, Anche i boia muiono del 1943 e Il prigioniero del terrore del 1944), rimanendo molto vicino agli eventi di attualità bellica e con pochissime (se non proprio nulle) possibilità di autonomia autoriale. Interessante da un punto di vista storico, ovverosia come testimonianza delle dinamiche attraverso cui la politica americana, grazie al cinema, cercava di spiegare al proprio popolo la tragedia della bomba atomica (sganciata l'anno precedente su Nagasaki e Hiroshima), la pellicola è tuttavia una delle opere meno interessanti dell'autore viennese, ingabbiato nei rigidi codici imposti dalla Warner Bros (che, come rivelò il regista a Peter Bogdanovich, cambiò del tutto il finale, inizialmente pensato come un cupo apologo sull'incapacità dell'uomo di controllare l'energia atomica). Spy-story lineare e senza scossoni, contraddistinta da un solido ritmo e con un Gary Cooper in discreta forma.
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