Quando eredita il quotidiano New York Sentinel dal padre, Walter Kyne (Vincent Price) scatena una gara a tre tra il direttore dei servizi fotografici Kritzer (James Craig), il direttore del giornale Griffith (Thomas Mitchell) e il mezzo-busto televisivo Loving (George Sanders): chi scoprirà, prima della polizia, l'identità dell'”assassino del rossetto”, uno psicopatico che uccide le donne della Grande Mela, sarà promosso direttore esecutivo del giornale. La sfida sarà senza esclusione di colpi.

Penultimo film americano di Fritz Lang e, con ogni probabilità, uno dei migliori in assoluto. Partendo da uno scheletro di genere, ossia il film poliziesco con tanto di caccia al killer, il regista austriaco costruisce un gelido e secco ritratto del cinismo e dell'arrivismo che muovono l'essere umano (americano?), dove la giustizia (la polizia) e il diritto dei cittadini di essere informati (il giornalismo) diventano solo vuoti involucri usati dalle persone per soddisfare le proprie subdole pulsioni private. Il pessimismo “cosmico” di Lang raggiunge così, in questa pellicola, forse il suo apice, andando a distruggere una delle più grandi conquiste del ‘900 americano, ossia la carta stampata: Lang descrive con freddo disgusto il mondo della stampa come uno strumento che, dietro alla facciata liberale, ha bisogno del crimine per sopravvivere e che, pur di rimanere sulla cresta dell'onda, è disposto a stimolare, se non proprio incoraggiare (si pensi alla scena in cui l'anchorman provoca l'assassino in diretta tv), i fuorilegge. Così, in questo capovolgimento magistrale dei ruoli, l'assassino assume quasi i panni della vittima (e l'ambigua tenerezza con cui Lang lo descrive non può non ricordare il suo precedente M – Il mostro di Dusseldorf del 1931), mentre i giornalisti che cercano di scovarlo diventano, agli occhi dello spettatore, i veri mostri. Uno dei migliori film sul giornalismo mai realizzati, da paragonare a L'asso nella manica (1951) di Billy Wilder, di qualche anno precedente e dall'approccio simile sull'argomento. Troppo scomodo e intelligente per ambire alla vana gloria dei premi internazionali.
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