Messia selvaggio
Savage Messiah
Durata
97
Formato
Regista
Parigi. Il giovane artista Henri Gaudier (Scott Antony) incontra in una biblioteca l'aspirante scrittrice polacca Sophie Brzeska (Dorothy Tutin), che ha il doppio dei suoi anni. I due iniziano un sodalizio artistico articolato in uno strano rapporto platonico, dividendo appartamenti, velleità e indigenza. La Prima guerra mondiale stroncherà precocemente la carriera del giovane.
Ken Russell, specialista nel mettere in scena personalissime versioni di biografie, sceglie la storia, brevissima e sfortunata, del pittore e scultore vorticista Henri Gaudier-Brzeska (della sua compagna prese il cognome, anche se non si sposarono mai). L'attenzione e l'esposizione dei tormenti e delle passioni delle "grandi anime", unita alla visionarietà espressionista della messa in scena, è una cifra ricorrente nel cinema di Russell, che si esplicita in Messia selvaggio in maniera tutto sommato lineare, senza calcare troppo la mano su follia, indigenza e romanticismi bohémien. Tutti elementi comunque presenti in grande quantità nella vicenda, poco nota, di un artista caduto giovanissimo sulle trincee della Grande guerra; e lo stereotipo, anche se controllato, è dietro l'angolo. Tratto dal libro omonimo di H.S. Ede, ispirato in massima parte alla corrispondenza tra Grandier e la Brzeska. Scenografia, come per il precedente I diavoli (1971), del futuro regista di culto Derek Jarman.
Ken Russell, specialista nel mettere in scena personalissime versioni di biografie, sceglie la storia, brevissima e sfortunata, del pittore e scultore vorticista Henri Gaudier-Brzeska (della sua compagna prese il cognome, anche se non si sposarono mai). L'attenzione e l'esposizione dei tormenti e delle passioni delle "grandi anime", unita alla visionarietà espressionista della messa in scena, è una cifra ricorrente nel cinema di Russell, che si esplicita in Messia selvaggio in maniera tutto sommato lineare, senza calcare troppo la mano su follia, indigenza e romanticismi bohémien. Tutti elementi comunque presenti in grande quantità nella vicenda, poco nota, di un artista caduto giovanissimo sulle trincee della Grande guerra; e lo stereotipo, anche se controllato, è dietro l'angolo. Tratto dal libro omonimo di H.S. Ede, ispirato in massima parte alla corrispondenza tra Grandier e la Brzeska. Scenografia, come per il precedente I diavoli (1971), del futuro regista di culto Derek Jarman.