La triste quotidianità di Liz (Theresa Russell), prostituta sulle strade di Los Angeles: il matrimonio, l'abbandono del figlio, i primi soldi guadagnati col sesso, l'incontro con il violento protettore Blake (Benjamin Mouton) e il tentativo fallito di uscire dal giro.

Una confessione, quasi in flusso di coscienza, alla macchina da presa: nel pieno di un inesorabile appannamento artistico, Ken Russell gira una delle opere più interessanti e libere della sua filmografia. Basso budget, camera a mano, inquadrature lunghe e una protagonista in stato di grazia che conduce lo spettatore per mano nella storia: la scelta di coinvolgere direttamente il pubblico sfondando la quarta parete è sempre rischiosa e certo, nonostante l'azione non manchi, la soluzione non è priva di momenti di stanchezza. Ma il coraggio di una messa in scena scevra da moralismi e pregiudizi colpisce spesso nel segno: Russell, che adatta con Deborah Dalton un soggetto originale di David Hines, riesce a scardinare il meccanismo hollywoodiano veicolato solo un anno prima dal patinato Pretty Woman (Garry Marshall, 1990), confezionando un dramma umanissimo e pregevolmente poco edulcorato. Da recuperare. Musiche di Michael Gibbs, fotografia di Amir Mokri.
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