Una delegazione politica italiana capeggiata dal premier nostrano, Franco Rispoli (Massimo Ghini), si reca in visita ufficiale in Ungheria. Il soggiorno a Budapest si rivelerà però molto più movimento e rocambolesco del previsto: il primo ministro, alfiere della neonata coalizione gialloverde, ha infatti un’amante che milita nelle fila del Partito Democratico, Giulia Rossi (Martina Stella) e la loro scappatella verrà minacciato da una spia travestita da Babbo Natale…

Primo cinepanettone a essere lanciato e distribuito direttamente su Netflix, Natale a cinque stelle, liberamente ispirato alla commedia teatrale Out of Order di Ray Cooney, è un prodotto tipicamente nello stile dei fratelli Vanzina, di ritorno al genere che hanno inaugurato in prima persona (con Vacanze di Natale, nel 1983) a circa due decenni di distanza (Vacanze di Natale 2000 era stata la loro ultima sortita). Il film in origine non doveva avere un’ambientazione natalizia, ma è stato proprio il colosso di streaming on demand a orientare la produzione verso tale direzione, con lo sceneggiatore Enrico Vanzina impegnato, di sua volontà, ad aggiungere al copione non pochi elementi d’attualità e riferimenti schietti e inequivocabili, per nomi scomodati (Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte) e situazioni tirate in ballo. Tali elementi hanno generato una farsa natalizia che strizza continuamente l'occhio al presente, in un vortice di situazionismo alimentare che ha molti degli elementi del film da camera e della messa in scena teatrale, soprattutto nella prima parte. Gran parte delle battute sono pacchiane e sconfortanti, ma va riconosciuto a Natale a cinque stelle il coraggio, fin dal sornione titolo, di intavolare una satira a tutto tondo che non fa sconti a nessuno e si sollazza gustosamente del proprio gusto paradossale per la trovata a effetto e la rappresentazione, misera ma in fondo affettuosa, delle piccolezze umane e morali di un’intera classe politica (un afflato che non era scontato). Un instant movie in piena regola diretto da Marco Risi, che ha ereditato il testimone dallo scomparso Carlo Vanzina, già molto malato nel momento in cui si è concretizzata la lavorazione e al quale il film è affettuosamente dedicato (è stato proprio il compianto cineasta romano a indicare il figlio del regista de Il sorpasso, suo migliore amico e sodale di lunga data, come ideale rincalzo). Il cameo “obbligato” in quel di Budapest di Rocco Siffredi, non nuovo a comparsate di questo tipo, è senz’altro il momento più scult.
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