Oro rosso

Talaye sorkh

Anno

Paese

Generi

Durata

97

Formato

Regista

Reduce di guerra con problemi fisici e psichici, il fattorino Hussein (Hossain Emadeddin) progetta piccoli crimini con l'amico Ali (Kamyar Sheisi), fratello della sua fidanzata (Azita Rayeji). L'emarginazione e l'ossessione per la ricchezza ostentata dalla classe dominante lo portano a compiere un gesto estremo.

Tre anni dopo il grande successo di critica de Il cerchio (2000), Jafar Panahi torna a raccontare le contraddizioni della società iraniana, ispirandosi a un violento fatto di cronaca. Se il film precedente raccontava la condizione subordinata della donna, qui al centro ci sono gli uomini e le differenze di classe in seno a una società costantemente oppressa. Hussein è un disadattato come il Travis Bickle dello scorsesiano Taxi Driver (1976), ma i paragoni cinefili non bastano a sottolineare quanto lo sguardo di Panahi sia lucido ed efficace nel trasformare un apparente thriller in un affresco sociale. Affidandosi a una sceneggiatura scritta dall'amico e maestro Abbas Kiarostami, l'autore adotta il suo consueto stile essenziale e si inimica ancora una volta le autorità iraniane. Il film, impeccabile dall'inizio alla fine, è vietato in patria (destino comune alla pellicola precedente e a quelle future), ma vince il Premio della giuria della sezione Un Certain Regard al 56° Festival di Cannes.
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