Il rapinatore Roy Earle (Humphrey Bogart) riesce a uscire di prigione graziato dall'amnistia. Fuori dal carcere, è immediatamente pronto per un nuovo colpo: l'obiettivo è rubare dei gioielli dalla cassaforte di un grande albergo. Tra i suoi complici, c'è anche una ragazza, Marie (Ida Lupino), che s'innamora di lui ma non viene corrisposta. La rapina riuscirà ma il finale, per Roy, sarà tutt'altro che lieto.



Da un romanzo di W.R. Burnett, che scrisse anche la sceneggiatura insieme a John Huston, Una pallottola per Roy è la triste ballata di una morte annunciata. Raoul Walsh, in una delle vette della sua carriera, dà vita a un personaggio memorabile, interpretato da Humphrey Bogart al suo primo vero ruolo da protagonista in carriera (prima erano stati contattati altri attori come James Cagney e Paul Muni, ma nessuno voleva finire “crivellato sotto i colpi della polizia”). Roy Earle (soprannominato “Mad Dog”) è una figura magnificamente approfondita dal versante psicologico: un criminale tormentato dai fantasmi del suo passato, invaghito di una ragazza storpia (Joan Leslie) che ha aiutato a guarire pagandole una delicata operazione chirurgica; un uomo brutale e violento che, però, subisce il fascino di un piccolo bastardino. Raramente, prima di Una pallottola per Roy, era stato raccontato sul grande schermo un delinquente tanto sfaccettato e ricco di sfumature. Lo sguardo malinconico di Bogart accompagna una pellicola dal sapore funerario, che potrebbe essere vista come un (provvisorio) epitaffio sul gangster-movie, che spopolava negli anni Trenta e che ora si prepara a lasciare spazio al noir. Il 1941 è anche l'anno de Il mistero del falco, diretto dallo stesso John Huston, convenzionalmente considerato il primo film del genere “nero” per eccellenza. Si possono ricordare tante sequenze di Una pallottola per Roy, ma la prima che viene in mente è lo spettacolare finale girato sulle pendici del monte Whitney (4.300 metri), dove la troupe fu costretta a sostare per diversi giorni. La sfida tra l'uomo e la natura – da sempre uno dei temi più cari a Raoul Walsh – raggiunge qui uno dei suoi apici cinematografici in assoluto: Roy, ora piccolo mortale pronto a congedarsi da un mondo che non gli è mai appartenuto, nulla può di fronte alla magnificenza sublime e minacciosa del paesaggio che lo circonda. Il regista non volle staccarsi dalla pellicola e lo rifece in chiave western, con il titolo Gli amanti della città sepolta, nel 1949.
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