Spie come noi
Spies Like Us
Durata
102
Formato
Regista
Il decifratore con abilità linguistiche Austin (Dan Aykroyd) e l'agente fannullone Emmett (Chevy Chase) falliscono miseramente l'esame per l'ammissione nel servizio diplomatico della CIA. Scelti come esche per una missione suicida che faccia da copertura a un vero progetto spionistico per sventare i piani distruttivi dell'Unione Sovietica, vivranno svariate peripezie fra Pakistan, Afghanistan e steppa russa.
John Landis si affida a una sceneggiatura di Dan Aykroyd, Lowell Ganz e Babaloo Mandel, disegnando una farsa sfrenata sulla fantapolitica e il dominio del mondo. Nella prima parte si spinge l'acceleratore sulla demenzialità e sullo slapstick (con il picco di comicità dell'operazione all'appendice), nella seconda si vira più apertamente verso l'action e lo spy-movie: l'amalgama tra le due, però, non è sempre efficace e il regista rischia di perdere spesso le redini del suo lavoro. La sopravvivenza della Terra è ancora una volta nelle mani degli “scarti” della società, mentre le alte gerarchie giocano con le vite umane in nome della salvaguardia del modello americano: un tema indubbiamente poco originale per una pellicola che convince soltanto in piccola parte. Come nel coevo Tutto in una notte (1985) si perde il conto dei camei, con le partecipazioni fra gli altri di Costa-Gavras, Terry Gilliam, Sam Raimi, Joel Coen e del truccatore Ray Harryhausen (che comparirà successivamente in altri due film di Landis, Beverly Hills Cop III, 1994, e Ladri di cadaveri, 2011). Musiche di Elmer Bernstein, e tema portante scritto ed eseguito da Paul McCartney. Inizia la fase calante di Landis, genio creativo e anarchico che dopo aver inanellato quattro capi d'opera – Animal House (1978), The Blues Brothers (1980), Un lupo mannaro americano a Londra (1981) e Una poltrona per due (1983) – risente dello scorrere del tempo e fatica a rinnovare la propria cifra autoriale.
John Landis si affida a una sceneggiatura di Dan Aykroyd, Lowell Ganz e Babaloo Mandel, disegnando una farsa sfrenata sulla fantapolitica e il dominio del mondo. Nella prima parte si spinge l'acceleratore sulla demenzialità e sullo slapstick (con il picco di comicità dell'operazione all'appendice), nella seconda si vira più apertamente verso l'action e lo spy-movie: l'amalgama tra le due, però, non è sempre efficace e il regista rischia di perdere spesso le redini del suo lavoro. La sopravvivenza della Terra è ancora una volta nelle mani degli “scarti” della società, mentre le alte gerarchie giocano con le vite umane in nome della salvaguardia del modello americano: un tema indubbiamente poco originale per una pellicola che convince soltanto in piccola parte. Come nel coevo Tutto in una notte (1985) si perde il conto dei camei, con le partecipazioni fra gli altri di Costa-Gavras, Terry Gilliam, Sam Raimi, Joel Coen e del truccatore Ray Harryhausen (che comparirà successivamente in altri due film di Landis, Beverly Hills Cop III, 1994, e Ladri di cadaveri, 2011). Musiche di Elmer Bernstein, e tema portante scritto ed eseguito da Paul McCartney. Inizia la fase calante di Landis, genio creativo e anarchico che dopo aver inanellato quattro capi d'opera – Animal House (1978), The Blues Brothers (1980), Un lupo mannaro americano a Londra (1981) e Una poltrona per due (1983) – risente dello scorrere del tempo e fatica a rinnovare la propria cifra autoriale.