Beverly Hills Cop III – Un piedipiatti a Beverly Hills III
Beverly Hills Cop III
Durata
105
Formato
Regista
Il detective ribelle Axel Foley (Eddie Murphy) deve tornare a Los Angeles: questa volta è stato ucciso il suo capo, e pare che le indagini sui malfattori portino dritte al luna park “Wonder World”. Il colpevole è Ellis Dewald (Timothy Carhart), responsabile della security del parco; Axel è più che deciso a farsi giustizia, affiancato dal vecchio collega Bill Rosewood (Judge Reinhold) e dal nuovo sodale Jon Flint (Hector Elizondo).
Mentre nel 1994 escono Pulp Fiction di Quentin Tarantino, Ed Wood di Tim Burton e Léon di Luc Besson, John Landis gira il terzo capitolo di una saga poliziesca con cui non ha mai avuto niente a che fare. Probabilmente il paragone è ingeneroso, ma fotografa bene gli abissi raggiunti dal regista americano negli anni '90. Non si capisce bene chi dovrebbe “riabilitare” chi: è il regista d'eccezione a dover riesumare le ormai bollite peripezie dell'agente Foley o è la nomea dei precedenti Beverly Hills Cop a dover dare una mano a un autore in grossa difficoltà? Comunque sia, per entrambi è un fallimento: questa avventura del piedipiatti “con le palle” è un action sui generis tutto sparatorie e inseguimenti, in palese e grave ritardo sull'immaginario in evoluzione dell'epoca. Anonima le regia di Landis, che si limita a curare meccanicamente il comparto musicale da un lato e le solite comparsate a sorpresa (stavolta tocca a George Lucas, Joe Dante, Ray Harryhausen, Barbet Schroeder e John Singleton) dall'altro. Il risultato è talmente scontato che a finire nel tritacarne è pure l'istrione Eddie Murphy, in una delle sue interpretazioni più prive di personalità. Col senno di poi è anche facile intravedere un certo spirito reazionario legittimato e condiviso da tutti: non esiste alcuna consegna dei colpevoli alla polizia; se i cattivi hanno ucciso, i buoni hanno tutto il diritto di compiere stragi e omicidi. Col sorriso sulle labbra.
Mentre nel 1994 escono Pulp Fiction di Quentin Tarantino, Ed Wood di Tim Burton e Léon di Luc Besson, John Landis gira il terzo capitolo di una saga poliziesca con cui non ha mai avuto niente a che fare. Probabilmente il paragone è ingeneroso, ma fotografa bene gli abissi raggiunti dal regista americano negli anni '90. Non si capisce bene chi dovrebbe “riabilitare” chi: è il regista d'eccezione a dover riesumare le ormai bollite peripezie dell'agente Foley o è la nomea dei precedenti Beverly Hills Cop a dover dare una mano a un autore in grossa difficoltà? Comunque sia, per entrambi è un fallimento: questa avventura del piedipiatti “con le palle” è un action sui generis tutto sparatorie e inseguimenti, in palese e grave ritardo sull'immaginario in evoluzione dell'epoca. Anonima le regia di Landis, che si limita a curare meccanicamente il comparto musicale da un lato e le solite comparsate a sorpresa (stavolta tocca a George Lucas, Joe Dante, Ray Harryhausen, Barbet Schroeder e John Singleton) dall'altro. Il risultato è talmente scontato che a finire nel tritacarne è pure l'istrione Eddie Murphy, in una delle sue interpretazioni più prive di personalità. Col senno di poi è anche facile intravedere un certo spirito reazionario legittimato e condiviso da tutti: non esiste alcuna consegna dei colpevoli alla polizia; se i cattivi hanno ucciso, i buoni hanno tutto il diritto di compiere stragi e omicidi. Col sorriso sulle labbra.