I protagonisti di Un uomo, una donna (1966), Anne Gauthier (Anouk Aimée) e Jean-Louis Duroc (Jean-Louis Trintignant), si incontrano di nuovo dopo vent'anni per girare un film, da lei prodotto, sulla loro storia.

Se il remake di Un uomo, una donna (1966) c'era già stato con Un altro uomo, un'altra donna (1977), era inevitabile che sarebbe arrivato anche il sequel e probabilmente Lelouch, ahinoi, non vedeva l'ora. “Già vent'anni” recita il titolo francese, che il regista non manca, narcisisticamente, di ricordarci attraverso citazioni dirette o indirette del suo film da Oscar, ma egli, al contempo, rinnega anche la sofferta autorialità del suo cinema tramite le parole in apertura dell'amico sceneggiatore Pascal Jardin: «un film che non ha autore, ma duro lavoro e qualche miracolo», frasi che suonano davvero ammiccanti e fasulle come non mai. Così Lelouch, doppiato sullo schermo dal personaggio della Aimée, produttrice in crisi, si ritrova a girare goffamente e in maniera malcelata un film sulla sua carriera cinematografica, sul passaggio repentino dal sentimentale al polar, con tanto di disgressioni teoriche sulla commedia musicale, da lui più volte affrontata. Abbandonando così lo stile zuccheroso e iper-moderno che aveva contraddistinto il film originale e firmando, al colmo della pochezza di idee e di spunti, un'operazione disastrosa e masturbatoria, con punte di sincero imbarazzo e di profondissimo ridicolo involontario.
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