Per caso o per azzardo
Hasards ou coïncidences
Durata
120
Formato
Regista
La ex prima ballerina Miriam (Alessandra Martines) è una madre single. A Venezia incontra Pierre (Pierre Arditi), falsario d'arte specializzato nella riproduzione dei quadri di Chaïm Soutine. Si innamorano, ma una tragedia si abbatte sulla famiglia felice e Miriam rimane sola. Decide così di intraprendere lo stesso il viaggio che aveva pianificato insieme al proprio consorte.
La felicità di Miriam è sempre e comunque filtrata da uno schermo: il primo amore nato sul set veneziano, per esempio, ma anche la vita insieme a Pierre è ripresa costantemente da una videocamera, come se Lelouch, in veste di falsario cinematografico, intenda evidenziarne anticipatamente la finzione e la fugacità. Come egli stesso dichiara nei titoli di testa, se si tratti di tragedia o di commedia non importa, il suo non è che un “film della domenica” (come annunciato dal presentatore tv dopo il mockumentary sugli orsi polari): finge di mettere in scena una storia d'amore per poi distruggerne subito l'illusione e tornare alla realtà; ma alla fine, stringi stringi, il brusco risveglio è solo un pretesto per riprendere in mano la videocamera e inquadrare lo spettacolo del mondo, una scelta espressiva e "poetica" pedestre e ricattatoria, oltre che, per non dire di peggio, alquanto disonesta. Lelouch, che però non è Fellini né tanto meno un emulo postmoderno del maestro riminese, confeziona una specie di apologia della bugia cinematografica al tempo della serialità e del multischermo, soprattutto per tramite di una sceneggiatura infiocchettata da frasi ad effetto e banalità altisonanti, quasi sempre dal fiato cortissimo.
La felicità di Miriam è sempre e comunque filtrata da uno schermo: il primo amore nato sul set veneziano, per esempio, ma anche la vita insieme a Pierre è ripresa costantemente da una videocamera, come se Lelouch, in veste di falsario cinematografico, intenda evidenziarne anticipatamente la finzione e la fugacità. Come egli stesso dichiara nei titoli di testa, se si tratti di tragedia o di commedia non importa, il suo non è che un “film della domenica” (come annunciato dal presentatore tv dopo il mockumentary sugli orsi polari): finge di mettere in scena una storia d'amore per poi distruggerne subito l'illusione e tornare alla realtà; ma alla fine, stringi stringi, il brusco risveglio è solo un pretesto per riprendere in mano la videocamera e inquadrare lo spettacolo del mondo, una scelta espressiva e "poetica" pedestre e ricattatoria, oltre che, per non dire di peggio, alquanto disonesta. Lelouch, che però non è Fellini né tanto meno un emulo postmoderno del maestro riminese, confeziona una specie di apologia della bugia cinematografica al tempo della serialità e del multischermo, soprattutto per tramite di una sceneggiatura infiocchettata da frasi ad effetto e banalità altisonanti, quasi sempre dal fiato cortissimo.