Alcuni uomini, di diversa personalità e professione, si ritirano in un convento nel tentativo di dare un senso alla propria esistenza: da un egoista fabbricante di candele (Aldo Fabrizi) a uno scrittore (Frank Villard), passando per un partigiano (Jean Marais), un reduce rimasto senza moglie (Daniel Gélin) e perfino un ladruncolo di basso livello (Paolo Stoppa).

Coproduzione internazionale firmata da uno svogliato Georg Wilhelm Pabst a fine carriera. Il regista di Diario di una donna perduta (1929) punta molto in alto, ma il suo talento non è più quello dei tempi del muto e il suo stile risulta fiacco e mai ispirato a dovere. Si tratta di un film a tesi, che indirizza lo spettatore dove vuole (la morale cattolica) senza lasciargli alcuna possibilità di scelta. Piuttosto fastidioso, nonostante un gruppo di interpreti quantomeno discreti. La sceneggiatura è stata firmata a più mani, ma il soggetto è tutto di Cesare Zavattini.
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