Federico (Pier Giorgio Bellocchio), giovane uomo d'armi, è mandato dalla madre al convento-prigione di Bobbio: qui, esattamente come suo fratello prete, viene sedotto da suor Benedetta (Lidiya Liberman), donna che verrà murata viva all'interno dell'edificio. Diversi secoli dopo, nello stesso luogo arriverà un altro Federico (Pier Giorgio Bellocchio), un ispettore, che scoprirà che l'edificio è ancora abitato da un misterioso conte (Roberto Herlitzka) che vive solo di notte.

Interamente ambientato nella città di Bobbio, Sangue del mio sangue è una pellicola sostanzialmente divisa in due episodi che ruotano attorno al medesimo luogo, un convento. Una suddivisione troppo netta, che rende l'opera di Bellocchio di difficile valutazione, a cavallo tra una prima parte più che discreta (nobilitata soprattutto dalla fotografia e dalle atmosfere antiche) e una seconda totalmente confusa e irrisolta. Il regista, qui anche sceneggiatore, si perde in una miriade di personaggi secondari spesso insulsi e fuori luogo (uno su tutti il “pazzo” di Filippo Timi) faticando, così, a dare equilibrio al tutto. Peccato, perché si tratta di un'operazione certamente personale e sentita dal suo autore, un film dotato di spunti importanti che, però, si perdono molto presto rendendo il tutto superficiale e fin grossolano. Herlitzka recita con gran classe, ma non basta. Presentato in concorso alla 72ª Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.


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