Vincere
Durata
128
Formato
Regista
La sarta Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno) viene sedotta da Benito Mussolini (Filippo Timi) molti anni prima della marcia su Roma e partorisce un figlio, Benito Albino. Follemente innamorata del futuro dittatore (che poi sposerà Rachele Guidi), la Dalser viene però brutalmente respinta e rinchiusa in manicomio.
Vincere di Marco Bellocchio equivale a un giro sulle montagne russe: la tragica vicenda di Ida Dalser viene scomposta dal regista di Bobbio con un tale gorgoglio emozionale da non poter lasciare la minima traccia di indifferenza, nel bene e nel male. Il film scorre come un potentissimo flusso di sentimenti, che l'autore è abile a gestire (quasi sempre) con piglio sicuro e saggia severità, spalmando la vicenda negli anni in cui si consuma il dolore di questa sartina di Sopramonte, folgorata dall'amore per Benito Mussolini (interpretato da un intenso e convincente Filippo Timi), un socialista che grida dimenandosi come fosse Errol Flynn con l'animo di Napoleone. Il Duce arriva di notte come il diavolo, gli occhi vitrei e ambiziosi fendono l'aria della notte e spogliano la sua damina per poi lasciarla gravida al suo destino di manicomi e atrocità. E Benito Albino, il figliolo illegittimo, si fa bastardo ed egualmente proiezione in piccolo dei bollori deliranti del padre: «Sono Benito Mussolini anche se adesso non mi chiamo più Mussolini», erede indiscusso della veemente rabbia materna. È un'opera coraggiosa e, a tratti, fin maestosa, ma la resa complessiva è leggermente minata da una seconda parte un po' ridondante e da una lieve prolissità di fondo. Notevole, in ogni caso, la confezione, a partire dall'efficace fotografia di Daniele Ciprì. Otto David di Donatello: miglior regista, fotografia, scenografia, costumi, trucco, acconciature, montaggio e effetti speciali visivi. Sorprendente successo di pubblico.