I giovani Nico (Ramaz Giorgobiani) e Otari (Gogi Kharabadze) vengono assunti nell'azienda vinicola statale. Se Otari appare inquadrato e motivato a fare bella figura, Nico è svagato, distratto e, piuttosto che impegnarsi, preferisce sodalizzare con gli operai e corteggiare una collega (Marina Kartsivadze) circondata da troppi pretendenti. Ma quando agli enologi viene chiesto di avallare l'imbottigliamento di una botte di vino avariato, è Nico ad avere la forza di ribellarsi.

Raccontare il regime sovietico, il suo meccanicismo spersonalizzante, la sua corruzione, con una storia piccola e periferica, come periferica era la Georgia degli anni Sessanta rispetto al gigante sovietico: questa la sfida vinta dall'opera prima di Otar Iosseliani (allievo di Dovženko a Mosca). Negli anni in cui i venti di rinnovamento linguistico e narrativo della Nouvelle Vague francese si estendevano ormai a macchia d'olio in tutto il mondo, l'autore georgiano trova il plauso di Cannes e della critica mondiale, favorendo un successo che aiutò la circolazione di un film inviso al regime. Ironico e satireggiante, ma con garbo e leggerezza, svagato e insieme lucidissimo come il suo protagonista, il film è un piccolo gioiello di libertà espressiva e grande affermazione di resistenza umana. Lunga la sequenza iniziale di impronta totalmente documentaristica, con immagini della viticultura in Georgia. Scritto da Amiran Chichinadze, musiche di N. Ioseliani. La censura ne posticipò l'uscita di ben due anni.
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