Gebo (Michael Lonsdale) è un anziano contabile costretto ancora a lavorare per mantenere la figlia Doroteia (Claudia Cardinale) e la nuora Sofia (Leonor Silveira). Quando suo figlio João (Ricardo Trêpa) ritorna a casa, dopo aver passato diversi guai e molti anni lontano dai suoi cari, il tranquillo ménage comincia a scricchiolare.



È l'ultimo lungometraggio di Manoel de Oliveira (1908-2015), maestro del cinema portoghese che stava per compiere 104 anni quando il film venne presentato alla Mostra di Venezia fuori concorso. Ispirato a una pièce di Raul Brandão del 1923, Gebo e l'ombra si sviluppa in uno spazio-tempo indefinito, privo di coordinate vere e proprie e lasciato libero di muoversi a suo piacimento. Il regista, saggiamente, non è interessato ad attualizzare la vicenda, ma “soltanto” a sviluppare una toccante riflessione sui rapporti generazionali e a scavare all'interno delle psicologie dei suoi personaggi. Magnificamente illuminata dalle luci delle candele, è un'opera intrisa di un'atmosfera raffinata e malinconica, curatissima nei dettagli e interpretata da un cast in gran forma; peccato soltanto che si avverta troppo l'impostazione teatrale di fondo e una staticità narrativa che, seppur giustificata, rende complicato il coinvolgimento. Resta, in ogni caso, un prodotto elegante e profondo, degna chiusura (anche se de Oliveira continuerà a girare cortometraggi fino al 2015) di una lunghissima carriera iniziata ben ottantuno anni prima (il corto documentario Douro, lavoro fluviale del 1931).
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