Diario di un vizio
Durata
94
Formato
Regista
L'aberrante quotidianità di Benito (Jerry Calà), rappresentante in perenne fuga dai creditori, respinto dalle donne, ossessionato dai tradimenti della fidanzata Luigia (Sabrina Ferilli) e da un diario su cui annota ogni particolare della sua monotona esistenza.
Dramma esistenziale diretto da Marco Ferreri, che firma la sceneggiatura con Liliana Betti e Riccardo Ghione. Un'estrema stilizzazione formale («Non c'è una costruzione drammaturgica, si resta sempre all'inizio delle cose») per riflettere sull'alienazione contemporanea (lo squallore morale di Benito, alla costante ricerca di una fugace soddisfazione per le proprie pulsioni primarie, unito a quello esteriore di ambientazioni misere e deprimenti) e sulla solitudine di un protagonista ridotto a manichino inerme, simbolo delle paure e delle ossessioni tipicamente maschili. Ferreri vorrebbe indagare a fondo su un presente desolato e desolante, ma la rarefazione narrativa utilizzata (che dovrebbe far emergere, funzionalmente e per contrasto, la dilagante inettitudine emozionale) si rivela gratuita e poco incisiva, privando il film di una necessaria potenza dissacrante e collocandolo in un limbo sospeso e incomprensibile. Un'occasione mancata per un'opera che, comunque, riesce a provocare uno strisciante disagio. Il monoespressivo Jerry Calà risulta, paradossalmente, quasi perfetto in un ruolo tutt'altro che semplice. Straniante colonna sonora di Victorio Pezzolla e Gato Barbieri.
Dramma esistenziale diretto da Marco Ferreri, che firma la sceneggiatura con Liliana Betti e Riccardo Ghione. Un'estrema stilizzazione formale («Non c'è una costruzione drammaturgica, si resta sempre all'inizio delle cose») per riflettere sull'alienazione contemporanea (lo squallore morale di Benito, alla costante ricerca di una fugace soddisfazione per le proprie pulsioni primarie, unito a quello esteriore di ambientazioni misere e deprimenti) e sulla solitudine di un protagonista ridotto a manichino inerme, simbolo delle paure e delle ossessioni tipicamente maschili. Ferreri vorrebbe indagare a fondo su un presente desolato e desolante, ma la rarefazione narrativa utilizzata (che dovrebbe far emergere, funzionalmente e per contrasto, la dilagante inettitudine emozionale) si rivela gratuita e poco incisiva, privando il film di una necessaria potenza dissacrante e collocandolo in un limbo sospeso e incomprensibile. Un'occasione mancata per un'opera che, comunque, riesce a provocare uno strisciante disagio. Il monoespressivo Jerry Calà risulta, paradossalmente, quasi perfetto in un ruolo tutt'altro che semplice. Straniante colonna sonora di Victorio Pezzolla e Gato Barbieri.