
Strada sbarrata
Dead End
Durata
93
Formato
Regista
In una strada newyorkese si consumano dolori e frustrazioni di un gruppo di persone: ragazzi di strada, un architetto disoccupato (Joel McCrea) innamorato di una donna (Wendy Barrie) che non può permettersi, una ragazza (Sylvia Sidney) che sogna il matrimonio in grado di salvarla dalla miseria condivisa con il fratello (Billy Halop), e un gangster (Humphrey Bogart) in visita al quartiere che ritrova la sua vecchia fidanzata (Claire Trevor), ormai prostituta e sifilitica.
Dramma noir tutto d'un pezzo a unica ambientazione, una dicotomica strada di New York che separa il lusso dalla miseria, le gang dall'élite, la salvezza dalla sottomissione. Sceneggiato da Lillian Hellman a partire dalla pièce del 1935 di Sidney Kingsley, Strada sbarrata è un film impietoso e cinico, un inno represso – volontariamente – al dolore e al troncamento di ogni aspirazione. William Wyler, si sa, è un maestro nel cantare disfatte e disillusioni seguendo percorsi narrativamente fluidi e incisivi: la sua regia, qui, è ordinatamente comprensiva, ma non per questo pedissequa alle involuzioni biografiche vissute dalla coralità di personaggi inquadrati dal suo occhio gentile e invero corrosivo. Sulla strada del disonore non si muovono solo Joel McCrey e Bogart – nei panni dell'infelice ‘Baby Face' Martin – ma anche tutti i componenti dei Dead Ends King, un gruppo di attori cresciuti tra le strade di New York City e “scoperti” da Samuel Goldwyn, la straordinaria Claire Trevor e un'intensa Sylvia Sidney (solo per citarne alcuni): anime in delirio contenuto, avviluppate in uno scenario statico d'ispirazione teatrale, che Wyler gestisce con decisiva sicurezza. È lui, alla fine dei giochi, che regge l'intera operazione. Candidato a quattro premi Oscar: film, attrice non protagonista (Trevor), fotografia e scene (rispettivamente a cura di Gregg Toland e Richard Day).
Dramma noir tutto d'un pezzo a unica ambientazione, una dicotomica strada di New York che separa il lusso dalla miseria, le gang dall'élite, la salvezza dalla sottomissione. Sceneggiato da Lillian Hellman a partire dalla pièce del 1935 di Sidney Kingsley, Strada sbarrata è un film impietoso e cinico, un inno represso – volontariamente – al dolore e al troncamento di ogni aspirazione. William Wyler, si sa, è un maestro nel cantare disfatte e disillusioni seguendo percorsi narrativamente fluidi e incisivi: la sua regia, qui, è ordinatamente comprensiva, ma non per questo pedissequa alle involuzioni biografiche vissute dalla coralità di personaggi inquadrati dal suo occhio gentile e invero corrosivo. Sulla strada del disonore non si muovono solo Joel McCrey e Bogart – nei panni dell'infelice ‘Baby Face' Martin – ma anche tutti i componenti dei Dead Ends King, un gruppo di attori cresciuti tra le strade di New York City e “scoperti” da Samuel Goldwyn, la straordinaria Claire Trevor e un'intensa Sylvia Sidney (solo per citarne alcuni): anime in delirio contenuto, avviluppate in uno scenario statico d'ispirazione teatrale, che Wyler gestisce con decisiva sicurezza. È lui, alla fine dei giochi, che regge l'intera operazione. Candidato a quattro premi Oscar: film, attrice non protagonista (Trevor), fotografia e scene (rispettivamente a cura di Gregg Toland e Richard Day).