
Il giardino dei Finzi Contini
Premi Principali
Orso d'oro al Festival di Berlino 1971

Oscar al miglior film straniero 1972
Durata
94
Formato
Regista
Ferrara, 1938-1943. Abituale frequentatore dei Finzi Contini, famiglia ebrea isolata in una maestosa villa, Giorgio (Lino Capolicchio) si innamora della giovane rampolla Micòl (Dominique Sanda), che però ama il comunista Bruno (Fabio Testi). La guerra e le persecuzioni razziali spezzeranno una già fragile quotidianità, portando morte e distruzione.
Dall'omonimo romanzo di Giorgio Bassani, un dramma intimista diretto da Vittorio De Sica, che tenta di sondare gli orrori della storia con uno sguardo privato e minimalista. Inizialmente pensato per Valerio Zurlini, Il giardino dei Finzi Contini fu minato da traversie produttive (Bassani prese le distanze dal progetto per manifeste incompatibilità strutturali e tematiche), che influirono sulla realizzazione: il risultato è un film a tratti impersonale e poco partecipe alla tragedia narrata, concentrato su dilemmi esistenziali e sentimenti travagliati, superficiale nelle caratterizzazioni (che emergono unicamente da una prospettiva fisica) e a tratti accomodante nell'affrontare le disturbanti voragini storiche. A emergere prepotente è l'ambientazione (l'emblematico giardino che fa da sfondo ai drammi umani, misteriosa metafora di un isolamento profeticamente annichilente), fulcro primario di passioni esangui destinate alla frustrazione e al fallimento. Un'opera incerta e incompleta, dotata comunque di un fascino quasi ipnotico. Splendida e funzionale Dominique Sanda, impacciato (in un ruolo decisamente impegnativo) Lino Capolicchio; Helmut Berger è Alberto Finzi Contini. Orso d'oro al Festival di Berlino e Oscar come miglior film straniero. Musiche di Manuel De Sica, fotografia di Ennio Guarnieri.
Dall'omonimo romanzo di Giorgio Bassani, un dramma intimista diretto da Vittorio De Sica, che tenta di sondare gli orrori della storia con uno sguardo privato e minimalista. Inizialmente pensato per Valerio Zurlini, Il giardino dei Finzi Contini fu minato da traversie produttive (Bassani prese le distanze dal progetto per manifeste incompatibilità strutturali e tematiche), che influirono sulla realizzazione: il risultato è un film a tratti impersonale e poco partecipe alla tragedia narrata, concentrato su dilemmi esistenziali e sentimenti travagliati, superficiale nelle caratterizzazioni (che emergono unicamente da una prospettiva fisica) e a tratti accomodante nell'affrontare le disturbanti voragini storiche. A emergere prepotente è l'ambientazione (l'emblematico giardino che fa da sfondo ai drammi umani, misteriosa metafora di un isolamento profeticamente annichilente), fulcro primario di passioni esangui destinate alla frustrazione e al fallimento. Un'opera incerta e incompleta, dotata comunque di un fascino quasi ipnotico. Splendida e funzionale Dominique Sanda, impacciato (in un ruolo decisamente impegnativo) Lino Capolicchio; Helmut Berger è Alberto Finzi Contini. Orso d'oro al Festival di Berlino e Oscar come miglior film straniero. Musiche di Manuel De Sica, fotografia di Ennio Guarnieri.