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L'inferno
L'enfer
Durata
100
Formato
Regista
Paul (François Cluzet) gestisce un albergo insieme alla giovane moglie Nelly (Emmanuelle Béart). I due hanno un rapporto idilliaco, finché Paul, stressato dal lavoro e sotto l'uso costante di sonniferi, inizia a manifestare una crescente e irrazionale gelosia nei confronti della moglie, la quale passa sempre più tempo con l'amico Martineau (Marc Lavoine).
La storia de L'inferno parte dal 1964, quando il compianto regista Henri-Georges Clouzot, che ne aveva scritto la sceneggiatura originale, cessò, per motivi di salute, la produzione con Romy Schneider e Serge Reggiani. Le tredici ore di girato, conservate in 185 pizze di pellicola, sono ora visibili nel documentario del 2009 di Serge Bromberg L'Enfer d'Henri-Georges Clouzot, ma intanto, nel 1992, Chabrol chiese i diritti alla vedova di Clouzot per un remake. Abbandonate le ambizioni stilistiche e le sperimentazioni del suo predecessore, Chabrol si àncora inizialmente alla realtà, attribuendo all'ossessione del protagonista una natura patologica bipolare per poi lasciarsi andare, al di là della nevrosi, nell'immersione onirica dell'incubo della gelosia insonne. Cluzet è interprete perfetto di una follia che emerge gradualmente e conduce al tormento finale del doppio, tra bene e male, mentre la Béart incarna l'erotismo sfacciato atto a far insorgere il dubbio della verità. La regia di Chabrol è stata in altri casi più audace (e certamente non mantiene le intenzioni d'avanguardia promesse da Clouzot nel suo progetto originario), ma il regista s'impegna a non deformare stilisticamente una realtà di per sé già alterata agli occhi del protagonista, arrivando a un risultato che, seppur vittima di alcuni cedimenti narrativi, mantiene un'aura di positivo fascinoso mistero.
La storia de L'inferno parte dal 1964, quando il compianto regista Henri-Georges Clouzot, che ne aveva scritto la sceneggiatura originale, cessò, per motivi di salute, la produzione con Romy Schneider e Serge Reggiani. Le tredici ore di girato, conservate in 185 pizze di pellicola, sono ora visibili nel documentario del 2009 di Serge Bromberg L'Enfer d'Henri-Georges Clouzot, ma intanto, nel 1992, Chabrol chiese i diritti alla vedova di Clouzot per un remake. Abbandonate le ambizioni stilistiche e le sperimentazioni del suo predecessore, Chabrol si àncora inizialmente alla realtà, attribuendo all'ossessione del protagonista una natura patologica bipolare per poi lasciarsi andare, al di là della nevrosi, nell'immersione onirica dell'incubo della gelosia insonne. Cluzet è interprete perfetto di una follia che emerge gradualmente e conduce al tormento finale del doppio, tra bene e male, mentre la Béart incarna l'erotismo sfacciato atto a far insorgere il dubbio della verità. La regia di Chabrol è stata in altri casi più audace (e certamente non mantiene le intenzioni d'avanguardia promesse da Clouzot nel suo progetto originario), ma il regista s'impegna a non deformare stilisticamente una realtà di per sé già alterata agli occhi del protagonista, arrivando a un risultato che, seppur vittima di alcuni cedimenti narrativi, mantiene un'aura di positivo fascinoso mistero.
