L'anarchico Bonaventura Diaz (Fabio Testi) riunisce una squadra di quattro compagni per organizzare il sequestro dell'ambasciatore americano in Francia: l’obiettivo è chiedere un riscatto per finanziare la rivoluzione. Ma l'atto del rapimento viene filmato dal controspionaggio, e presto la polizia, corrotta e violenta, riuscirà a individuare le identità dei rapitori.



Nel milieu inusuale dell'onda anarchica e del terrorismo degli anni Settanta, Chabrol si confronta con il romanzo Nada (1972) di Jean-Patrick Manchette, anche sceneggiatore: ma è evidente fin dalle prime battute l'imbarazzo nel trattare un polar politico fuori dalle sue corde. La "rivoluzione" è ritratta senza motivazioni forti e senza ideali dai suoi sostenitori caricaturali, che vedono in Testi un leader affascinante ma scialbo e una Melato fuori parte nei panni di Veronique Cash. Se la confusione dell'estrema sinistra è rispecchiata dalla corruzione spietata e nichilista della polizia, l'umorismo intellettuale e la tensione critica e sociale, influenzati dal pessimismo schopenhaueriano, si esauriscono in un'azione drammatica dispersiva che non lascia spazio a una reale riflessione sui lati oscuri del terrorismo. Superficiale e ben poco affilato.
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