Celestino (Gennaro Pisano), fotografo che vive in un paesino della costiera amalfitana, conosce un uomo misterioso che gli fa dono di un potere sovrannaturale: scattando una foto a una fotografia già fatta, potrà togliere la vita ai soggetti in essa rappresentati. Il potere, tuttavia, gli sfuggirà presto di mano.

Tratto da un soggetto di Eduardo De Filippo e girato in parte da Rossellini, che lo cominciò nel 1948 per poi lasciarlo terminare dai suoi assistenti nel 1951 per mancanza di fondi, La macchina ammazzacattivi è un bizzarro esperimento grottesco, attraverso il quale il regista romano cercò di affrancarsi dalle regole del morente Neorealismo. Sorta di fiaba morale umoristica e picaresca, con una forte tipizzazione folkloristica dei personaggi e un registro (eccessivamente?) anomalo, più interessante che riuscita: nel desiderio di rompere gli schemi del dramma realistico è possibile vedere qualche felice intuizione "mistica", ma nel complesso il film risulta sgangherato, con un ritmo fiacco e, soprattutto, vittima di un surreale che non si innesca mai con decisione.
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