Seconda guerra mondiale, fronte russo. Il contingente italiano riceve ordine di spostarsi e attaccare un villaggio. Il cappellano militare (Alberto Tavazzi), però, decide di rimanere insieme a un soldato ferito. Saranno entrambi catturati dai russi.

Come nel caso delle due opere appena precedenti di Roberto Rossellini, La nave bianca (1941) e Un pilota ritorna (1942), si tratta (soltanto) di cinema di propaganda bellica e non di propaganda fascista, essendo praticamente nulli (o quantomeno neutri) i riferimenti al regime di Mussolini. Rossellini si disinteressa della guerra e, pur dando una rappresentazione solo positiva e conciliante degli italiani al fronte, riesce a far emergere un grande calore umano dai suoi protagonisti (attori non professionisti), con un apprezzabile assenza di enfasi in cui non pochi hanno visto un'anticipazione del Neorealismo. La figura del prete-salvatore (ispirata a Don Reginaldo Giuliani) tornerà anche nel capolavoro Roma città aperta, girato nel 1945.
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