Muriel, il tempo di un ritorno

Muriel ou Le temps d'un retour

Anno

Paese

Generi

Durata

117

Formato

Regista

Hélène (Delphine Seyrig), vedova di mezza età, vive a Boulogne-sur-mer insieme al suo figliastro Bernard (Jean-Baptiste Thiérrée), ossessionato dal ricordo di Muriel, una ragazza che aveva torturato durante la guerra d'Algeria. Hélène invita a trascorrere del tempo a casa loro un suo vecchio amante, Alphonse (Jean-Pierre Kérien), ma questi si presenta con una giovane attricetta che spaccia per sua nipote (Nita Klein).



È in apparenza netto il cambio di stile operato da Alain Resnais in questo suo terzo lungometraggio di finzione, che segue i capolavori Hiroshima mon amour (1959) e L'anno scorso a Marienbad (1961). Innanzitutto per l'uso (per la prima volta) del colore, e per una struttura narrativa più tradizionale e meno sperimentale. Eppure, a ben guardare, il regista prosegue coerentemente con un'analisi sulla memoria (storica o privata che sia) e sulle cicatrici che ancora non si sono rimarginate: prima era Hiroshima e la Seconda guerra mondiale, ora la guerra d'Algeria, che il regista affronta coraggiosamente (caso più unico che raro per le pellicole francesi del periodo) nonostante sia ancora un argomento di strettissima attualità al momento delle riprese. La sceneggiatura, non a caso, è di Jean Cayrol, che aveva già collaborato con Resnais per il documentario Notte e nebbia (1955), incentrato sui campi di concentramento nazisti. L'azione, piuttosto statica, sembra quella di un kammerspiel di ottimo spessore, con quattro personaggi (Hélène e il suo vecchio amante; il figliastro e la ragazza) che spostano la riflessione verso un complesso conflitto generazionale, fatto di piccoli gesti quotidiani e di rimossi decisamente più tragici. Sicuramente meno potente dei due lungometraggi che l'hanno preceduto nella filmografia del regista, Muriel, il tempo di un ritorno è comunque un'opera importante, valorizzata da dialoghi credibili e da un flusso drammaturgico inarrestabile, diviso tra una certa ironia (le “coppie” che sembrano scambiarsi) e il dramma di un tempo passato che non riesce più a ritornare: Alphonse non è più la persona che Hélène ricordava e, allo stesso tempo, Muriel (figura che non si vede mai nel corso del film) non potrà più tornare in vita nonostante il senso di colpa di Bernard, ex soldato che ha documentato la sua tragica esperienza in guerra con una videocamera. Il cinema, così, diventa il veicolo principale per una riproposizione continua del trauma, ma è anche il mezzo più efficace (ancora Notte e nebbia) per non dimenticare quello che è successo. Presentato alla Mostra di Venezia, dove Delphine Seyrig ha vinto una meritatissima Coppa Volpi come miglior attrice.
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