Pretty Baby
Pretty Baby
Durata
110
Formato
Regista
Nel 1917, mentre la prostituzione è ancora legale a New Orleans, il fotografo E. J. Bellocq (Keith Carradine) comincia a frequentare un bordello e ritrae (a pagamento) la prostituta Hattie (Susan Sarandon) e la figlia dodicenne di lei Violet (Brooke Shields). Dopo che la verginità di quest'ultima è stata battuta all'asta e che Hattie se n'è andata per sposare un cliente, Bellocq accoglie in casa Violet e, tra gli alti e bassi di un rapporto difficile, arriva persino a sposarla, prima che la madre torni a reclamarla.
Partendo da un soggetto di Polly Platt (e dello stesso regista) morboso e controverso, con al centro il tema della sessualità e della prostituzione minorile, a Malle non riesce il miracolo di nobilitare la materia con una riflessione profonda, nemmeno “giustificando” storicamente le vicende narrate. Nonostante il carattere raffinato di regia, ambientazione, fotografia (Sven Nykvist) e cast, non si può dire del tutto scongiurato il rischio, se non della pornografia, quanto meno del voyeurismo, anche se ogni risvolto hard è ovviamente scongiurato e Violet sembra più che altro contesa tra una schiera di genitori sui generis. Anche il finale a suo modo conciliatorio, che contraddice le crudeli premesse, sembra un compromesso pacificante più che un coerente sviluppo narrativo. Non che non meriti un'occhiata, ma è una di quelle pellicole da cui ci si aspetta forse troppo o troppo poco, né carnale né sublime, che finisce con lo scontentare un po' tutti. Grand Prix tecnico al Festival di Cannes e nomination all'Oscar per la colonna sonora (Jerry Wexler).
Partendo da un soggetto di Polly Platt (e dello stesso regista) morboso e controverso, con al centro il tema della sessualità e della prostituzione minorile, a Malle non riesce il miracolo di nobilitare la materia con una riflessione profonda, nemmeno “giustificando” storicamente le vicende narrate. Nonostante il carattere raffinato di regia, ambientazione, fotografia (Sven Nykvist) e cast, non si può dire del tutto scongiurato il rischio, se non della pornografia, quanto meno del voyeurismo, anche se ogni risvolto hard è ovviamente scongiurato e Violet sembra più che altro contesa tra una schiera di genitori sui generis. Anche il finale a suo modo conciliatorio, che contraddice le crudeli premesse, sembra un compromesso pacificante più che un coerente sviluppo narrativo. Non che non meriti un'occhiata, ma è una di quelle pellicole da cui ci si aspetta forse troppo o troppo poco, né carnale né sublime, che finisce con lo scontentare un po' tutti. Grand Prix tecnico al Festival di Cannes e nomination all'Oscar per la colonna sonora (Jerry Wexler).