Jack Armstrong (Anthony Mackie), giovane dirigente di una multinazionale farmaceutica, si ritrova da un giorno all'altro senza lavoro a causa dell'eccessivo zelo sull'onestà dell'azienda. Ridotto sul lastrico e denunciato per aver divulgato informazioni riservate, inizia a vendere il suo seme a ricche donne lesbiche e desiderose di maternità.

Sulla scia dell'invettiva di Edward Norton in La 25ª ora («In culo alla Tyco, alla ImClone, all'Adelphia, alla WorldCom»), realizzato nel 2002, Spike Lee confeziona una mediocre commedia con venatura drammatiche. Sono gli anni dello scandalo Enron, del fallimento di multinazionali con migliaia di dipendenti: il regista non è indifferente e sceglie di raccontare la storia di un uomo che prova a mettersi contro il sistema e ne viene stritolato, strutturando un parallelismo con la vicenda di Frank Wills, la guardia che scoprì l'effrazione al Watergate Building. Ma la sceneggiatura è incoerente e contamina in modo gratuito l'atto d'accusa con la vicenda del protagonista come “ingravidatore professionista”: nonostante i polveroni sollevati, il film fu (giustamente) un clamoroso flop commerciale. Presuntuoso e trascurabile. Indigesta interpretazione di Monica Bellucci nei panni della figlia lesbica di un mafioso. Ultimo ruolo di Ossie Davis (il giudice Buchanan), che sarebbe morto pochi mesi dopo le riprese.
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