Furia
Fury
1936
Paese
Usa
Generi
Drammatico, Thriller
Durata
92 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Fritz Lang
Attori
Spencer Tracy
Sylvia Sidney
Walter Abel
Bruce Cabot
Edward Ellis
Walter Brennan
George Walcott
Mentre sta per raggiungere la sua promessa sposa, Katherine (Sylvia Sidney), Joe Wilson (Spencer Tracy) viene fermato dalla polizia di Strand in quanto sospettato di essere uno dei rapitori di una bambina scomparsa. La popolazione di Strand non ha alcun dubbio sulla colpevolezza di Joe e dà vita a un linciaggio che culmina con l'incendio della prigione dove l'uomo è tenuto in custodia. La notizia della morte di Joe compare su tutti i giornali, insieme alla sua certificata innocenza, ma egli è sopravvissuto e medita vendetta. Primo film americano per Fritz Lang. Con quest'opera il regista tedesco prosegue la sua indagine sulla natura umana e sulle sue incontenibili pulsioni animalesche che si manifestano in tutta la loro brutalità, la loro annichilente forza e la refrattarietà al raziocinio. La struttura drammaturgica prevede una divisione netta della vicenda in due parti, caratterizzate da un ribaltamento di ruoli geniale e caustico: la vittima diventa carnefice e i suoi aguzzini diventano a loro volta bersagli di una sconclusionata ritorsione. In questo modo Lang mette in evidenza l'universalità di una condizione esistenziale e psicologica: ogni uomo, anche il più mite, può trasformarsi all'occorrenza in un assassino, nascondendo un'intrinseca e potenziale malvagità in attesa della giusta occasione per esprimersi con tutta la sua ferocia. Per evidenziare questo terrificante e fatale aspetto antropologico, Lang utilizza un linguaggio cinematografico come sempre ricchissimo e sorprendente che unisce le mostruose deformità dei volti (dal vago richiamo espressionista) al gusto ironico nella costruzione di alcune inquadrature (come quella caricaturale in cui i pettegoli cittadini vengono accostati a delle galline) e alla cura maniacale per i dettagli visivi e narrativi rivelatori, pregni di portata simbolica e funzionali nello sviluppo del racconto. Molte le sequenze memorabili: dalla confessione, scherzosa eppure serissima, del barbiere che ammette di aver avuto più volte la tentazione di tagliare la gola ai propri clienti all'efferato assalto alla prigione, passando per lo splendido finale. Una conclusione contestata dallo stesso Lang che avrebbe assai volentieri eliminato il bacio tra i due protagonisti per dare una ulteriore coloritura cupa a una pellicola già di per sè amara, struggente e, ancora oggi, attualissima. Prodotto da Joseph L. Mankiewicz. Nomination all'Oscar per la miglior sceneggiatura originale (Norman Krasna).
Maximal Interjector
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