Madame Bovary
Madame Bovary
1991
Paese
Francia
Genere
Sentimentale
Durata
143 min.
Formato
Colore
Regista
Claude Chabrol
Attori
Isabelle Huppert
Jean-François Balmer
Christophe Malavoy
Jean Yanne
Lucas Belvaux
Christiane Minazzoli
Jean-Louis Maury
Florent Gibassier
Nella Francia di metà Ottocento, la giovane Emma (Isabelle Huppert) sposa il medico già vedovo Charles Bovary (Jean-François Balmer), uomo mediocre e di scarse ambizioni. Presto Emma cerca conforto dalla noia nelle braccia degli amanti Rodolphe (Christophe Malavoy) e Leon (Lucas Belvaux). Nel momento in cui si ritroverà sommersa dai debiti e nessuno dei due vorrà aiutarla, decide di uccidersi con l'arsenico. Con la fedele trasposizione del celebre romanzo di Gustave Flaubert, Chabrol chiude la sua trilogia sul femminismo “inconsapevole”, iniziata con Violette Nozière (1978) e proseguita con Un affare di donne (1988). Dopo gli adattamenti di Jean Renoir (1934) e Vincente Minnelli (1949), e prima della versione di Sophie Barthes (2014) con Mia Wasikowska, il regista francese traspone con eleganza e dinamismo il “lamento intermittente del cuore” di Emma, figura madre di molte delle protagoniste del cinema precedente di Chabrol, rendendo quasi obbligato e prevedibile l'arrivo del regista francese al capolavoro del pittore dei costumi borghesi ottocenteschi. Isabelle Huppert interpreta lo storico personaggio come un vero e proprio archetipo: Emma stessa diventa così attrice, recita la parte posticcia dell'eroina tormentata in quel melodramma che ha creato a immagine dei romanzi sentimentali che leggeva e che Flaubert ridicolizzava. Accompagnato dalla voce narrante dell'autore onnisciente, il Madame Bovary chabroliano non trascura i personaggi corollari del mondo della provinciale Yonville, dallo stesso Charles (Jean-François Balmer) al farmacista anti-clericale Monsieur Homais (Jean Yanne), dal mercante di stoffe (Monsieur Lheureux) agli amanti Rodolphe (Christophe Malavoy) e Léon (Lucas Belvaux). Nella sua essenzialità, inquadra il bovarismo originale senza pietismi né perfidia: in fondo Emma non è che simbolo, declinato al femminile, del mal du siècle, dell'individualismo tormentato dal desiderio narcisista e inappagabile, che non ha né genere né evasione possibile. Eppure, questa fedele trasposizione, non ha il piglio cinematografico delle migliori prove di Chabrol, forse proprio per quella naturale vicinanza artistica del regista nei confronti di Flaubert, che lo ha spinto a non rendere il racconto più essenziale e adattato ai tempi del cinema. Il risultato è una pellicola di indubbio valore e fascino, ma non pienamente riuscita, inficiata anche da una durata eccessiva.
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