Bus in viaggio
Get on the Bus
Durata
120
Formato
Regista
Un gruppo di uomini parte da Los Angeles per recarsi a Washington e partecipare alla Million Man March, manifestazione per i diritti civili degli afroamericani promossa dal reverendo e leader della Nation of Islam, Louis Farrakhan. Pochi giorni nel contesto ristretto di un autobus, in cui emergeranno le storie e le personalità di alcuni passeggeri.
Un anno dopo la più grande manifestazione organizzata da un movimento nero in America (promossa da un personaggio controverso come Farrakhan), Spike Lee decide di raccontare, in un road movie atipico, le differenze personali, la varietà umana e le storie che si nascondono dietro alla scelta di impegnarsi per i diritti della comunità nera. Girato quasi esclusivamente su un autobus, in 16 mm e con inserti video (il giovane con telecamera della scuola di cinema, soprannominato “Spike Lee Junior” dai compagni), Bus in viaggio è un film lineare (e a tratti troppo didascalico) nella struttura, incentrato sulle eccessive semplificazioni mediatiche inerenti all'America nera, né buona, né perfetta. Coraggioso e convincente, anche se i cliché (le stoccate alle invasive istituzioni bianche) e l'autoreferenzialità abbondano. Tra gli interpreti, l'ottantenne Ossie Davis (Jeremiah), presenza ricorrente nella filmografia di Lee, che fu anche attivista politico: lesse l'elogio funebre di Malcolm X e, nella realtà, si dissociò (come lo stesso regista) dalla Marcia di Ferrakhan. Scritto da Reggie Rock Bythewood.
Un anno dopo la più grande manifestazione organizzata da un movimento nero in America (promossa da un personaggio controverso come Farrakhan), Spike Lee decide di raccontare, in un road movie atipico, le differenze personali, la varietà umana e le storie che si nascondono dietro alla scelta di impegnarsi per i diritti della comunità nera. Girato quasi esclusivamente su un autobus, in 16 mm e con inserti video (il giovane con telecamera della scuola di cinema, soprannominato “Spike Lee Junior” dai compagni), Bus in viaggio è un film lineare (e a tratti troppo didascalico) nella struttura, incentrato sulle eccessive semplificazioni mediatiche inerenti all'America nera, né buona, né perfetta. Coraggioso e convincente, anche se i cliché (le stoccate alle invasive istituzioni bianche) e l'autoreferenzialità abbondano. Tra gli interpreti, l'ottantenne Ossie Davis (Jeremiah), presenza ricorrente nella filmografia di Lee, che fu anche attivista politico: lesse l'elogio funebre di Malcolm X e, nella realtà, si dissociò (come lo stesso regista) dalla Marcia di Ferrakhan. Scritto da Reggie Rock Bythewood.