L'architetto nero Flipper Purify (Wesley Snipes), sposato con una figlia, inizia una relazione con la sua segretaria italoamericana (Annabella Sciorra). Sia lui che l'amante si ritrovano improvvisamente isolati dalle loro famiglie e amicizie, incapaci di accettare e comprendere la passione scoppiata nonostante le differenze razziali.

Spike Lee sceglie la tematica sentimentale come ulteriore campo in cui indagare le tensioni razziali che attraversano la società americana. Preconcetti, stereotipi, religiosità fondamentalista (la moralistica maschera del “buon reverendo” Purify, interpretato da Ossie Davis, che dedica al figlio tossico e a quello in crisi matrimoniale lo stesso tranciante giudizio), gelosie, ghettizzazione, difficoltà di andare oltre l'esempio dei padri: la sceneggiatura, firmata dallo stesso regista, procede con brio e linearità narrativa attraverso dialoghi efficaci, ma il tutto risulta condito da troppa retorica per convincere fino in fondo. In ogni caso, una riflessione abbastanza coraggiosa sui ristretti orizzonti di quartiere, sulle mancate realizzazioni e sull'etica di comportamento che non si trasforma in condizione sufficiente per un'utopica felicità. In concorso al Festival di Cannes, dove Samuel L. Jackson (nel ruolo del fratello “crackhead” di Flipper) vinse il premio come migliore attore non protagonista. Esordio cinematografico per Halle Berry (Vivian). Strepitose musiche di Terence Blanchard.
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