Supportato da una procace segretaria (Cinzia Roccaforte), Tinto Brass, seduto a una scrivania, riceve le missive di diverse ammiratrici, che gli confidano le loro torbide fantasie erotiche.

Apoteosi voyeuristica – e piaciona – dello scollacciato Brass, che si impone anche come protagonista di un'opera tanto sfilacciata e insignificante dal punto di vista artistico, quanto sfacciata e scioccamente pretenziosa da quello filosofico. Brass intreccia l'ingombrante presenza scenica alle sue storiche ossessioni (le natiche sopra ogni cosa), che ritornano sotto forma di nove parentesi episodiche di nessun valore, recitate alla carlona e imbastite senza una cura che giustifichi lo stile sciatto e l'assetto formale senza alcuna rilevanza. Probabilmente il punto più basso – e laidamente orgoglioso – dell'intera produzione di Brass.
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