Franz Kafka (Jeremy Irons) è un aspirante scrittore che lavora come impiegato presso l'ufficio infortuni sul lavoro. Quando l'amico Edward (Vladimir Gut) muore in circostanze sospette, Kafka vuole scoprire cosa è successo, ma si ritrova invischiato in una rete di intrighi irrisolvibili.

L'opera seconda di Soderbergh prende la figura del celebre scrittore Franz Kafka, e lo inserisce in un contesto di genere. Una storia che si dipana come un mystery-thriller dal tono grottesco e surreale, con Kafka rielaborato come eroe della vicenda. Il regista, partendo da una sceneggiatura di Lem Dobbs, immerge il film in uno straniante bianco e nero, supportato da una regia dallo stile espressionista e da una messa in scena labirintica come gli ambienti angusti in cui si muove il protagonista. Il risultato è sicuramente curioso, ma anche troppo formale e autocompiaciuto nel citare opere kafkiane come La metamorfosi o Lettera al padre. E ci si dimentica di attualizzare le tematiche di romanzi come Il castello e Il processo (da cui il film trae ispirazione per la trama) come l'assurdità della vita, o la lotta di un uomo solo contro il sistema burocratico e le sue storture. Il risultato è interessante ma irrisolto, e Soderbergh spesso sceglie la strada più semplice per portare avanti il suo lavoro.
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